Con la recente sentenza n. 46924/22 la Sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha confermato la condanna di una maestra di una scuola materna del Piemonte macchiatasi di episodi di violenza in danno ai piccoli alunni.
Nel processo la sentenza di condanna aveva parlato di “violenze fisiche e violenze verbali”, ovverosia ingiurie e minacce, concretizzatesi in veri e propri maltrattamenti, condannandola ad oltre due anni di carcere.
Ricorre l’imputata per Cassazione tentando di sminuire la portata dei fatti e adducendo essersi trattato di un “eccessivo e sproporzionato ricorso, da parte dell’insegnante, ai cosiddetti mezzi di correzione“: il legale della ricorrente ha voluto così ridimensionare la vicenda, sostenendo non vi fosse prova «della abitualità delle condotte e del necessario dolo unitario, nel senso di consapevole obiettivo di prevaricazione e mortificazione del soggetto passivo», cioè dei piccoli alunni. Sempre sulla stessa falsariga, poi, il legale sostiene sia più corretto parlare di «abuso dei mezzi di correzione».
Per completare la linea difensiva, infine, il legale ha sottolineato che «molti genitori, sia con le loro testimonianze che con una missiva, hanno mostrato apprezzamento per la maestra ed hanno escluso qualsiasi ricaduta negativa sulla condizione psicologica dei loro figli, tra i quali anche alcuni di quelli indicati come vittime delle condotte» oggetto del procedimento penale.
La Corte di Cassazione ha però evidenziato che l’uso di determinati metodi poco ortodossi «deve ritenersi appropriato, quando ricorrano la necessità dell’intervento correttivo, in conseguenza dell’inosservanza, da parte dell’alunno, dei doveri di comportamento su di lui gravanti, e la proporzione tra tale violazione e l’intervento correttivo adottato, sotto il profilo del bene-interesse del destinatario su cui esso incide e della compressione che ne determina». Di conseguenza, «qualsiasi forma di violenza, invece, sia essa fisica che psicologica, non costituisce mezzo di correzione o di disciplina, neanche se posta in essere a scopo educativo. E qualora di essa si faccia uso sistematico, quale ordinario trattamento del minore affidato, la condotta non rientra nella fattispecie di abuso dei mezzi di correzione, bensì in quella di maltrattamenti».
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