Il tragico caso della giovane Ester Raimondi, deceduta a soli 15 anni a causa di una malattia fulminante allo stomaco che ha portato a una perforazione intestinale, pone interrogativi rilevanti sul piano giuridico, specialmente in merito alla responsabilità penale del personale medico coinvolto nella sua cura. Il fascicolo aperto dalla Procura di Bergamo suggerisce che, oltre al naturale desiderio di giustizia da parte della famiglia, vi siano margini per indagare su possibili errori diagnostici o terapeutici e sulle responsabilità conseguenti.
Il quadro giuridico della responsabilità medica
L’ordinamento giuridico italiano ha sviluppato negli ultimi anni un corpus normativo e giurisprudenziale sempre più attento alla responsabilità del medico e delle strutture sanitarie in caso di errore o negligenza, soprattutto alla luce delle innovazioni apportate dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), che ha ridefinito la disciplina della responsabilità sanitaria.
Nel caso di Ester Raimondi, il punto centrale è l’errata diagnosi iniziale, che ha condotto alla dimissione della ragazza nonostante i gravi sintomi che presentava. Si parla infatti di un’influenza, mentre la successiva TAC avrebbe rivelato una perforazione intestinale causata, secondo quanto riportato dalla madre, da una sindrome di Crohn fulminante. Alla luce di queste circostanze, potrebbe sorgere una responsabilità penale per il personale medico che ha avuto in cura la giovane Ester, in base all’articolo 589 del codice penale, che disciplina l’omicidio colposo.
L’omicidio colposo e l’imperizia medica
Perché si configuri il reato di omicidio colposo (art. 589 c.p.), è necessario che il decesso sia avvenuto a causa di negligenza, imprudenza o imperizia da parte del personale sanitario. La giurisprudenza, specie dopo la citata Legge Gelli, ha affermato che la colpa medica si concretizza non solo quando vi è un errore nella diagnosi, ma anche quando un’inadeguata prontezza diagnostica o una scorretta valutazione della sintomatologia conducono a decisioni terapeutiche inappropriate o ritardate.
Nel caso di Ester, la condotta da analizzare riguarda i medici che hanno preso la decisione di dimetterla dal pronto soccorso di Treviglio, presumibilmente convinti che si trattasse di un quadro influenzale, nonostante sintomi più gravi che avrebbero potuto suggerire la necessità di ulteriori approfondimenti immediati. La successiva rapida evoluzione della malattia e il fallimento del tentativo di intervento chirurgico al Papa Giovanni di Bergamo accendono dubbi sul se vi siano stati errori evitabili nella fase iniziale del trattamento.
La colpa grave e le linee guida
Per valutare la responsabilità penale dei sanitari, occorrerà innanzitutto verificare se la diagnosi sia stata conforme alle linee guida cliniche applicabili al caso specifico. La Legge Gelli-Bianco prevede che, in caso di conformità del medico alle linee guida accreditate, la colpa venga esente da responsabilità, salvo che il comportamento sia frutto di colpa grave. È proprio il concetto di colpa grave a dover essere esplorato: qualora il comportamento dei medici di Treviglio si configuri come gravemente imprudente o non in linea con i protocolli, ciò potrebbe condurre a una loro incriminazione.
Profili di responsabilità civile e risarcimento del danno
Parallelamente alla responsabilità penale, vi è da considerare la responsabilità civile che potrebbe gravare sugli stessi medici e sulla struttura ospedaliera. La famiglia di Ester potrebbe agire in sede civile per il risarcimento del danno, sia in proprio che quale erede della giovane defunta. L’eventuale accertamento di un errore diagnostico o terapeutico da parte del personale sanitario potrebbe infatti giustificare una richiesta di risarcimento per la perdita della giovane vita, i danni morali e materiali subiti dai familiari.
Le strutture sanitarie rispondono civilmente, ai sensi dell’art. 1218 c.c., per inadempimento della prestazione sanitaria, ed eventualmente ex art. 2043 c.c. in caso di illecito extracontrattuale. In questo caso, sarebbe necessario dimostrare che l’errata diagnosi ha costituito una violazione del diritto alla salute della paziente, sancito dall’art. 32 della Costituzione Italiana, e che tale violazione sia stata causa del decesso.
Conclusioni
Il decesso della giovane Ester Raimondi, oltre a rappresentare una tragedia personale e familiare, solleva interrogativi giuridici su cui la magistratura dovrà fare luce. Le ipotesi di responsabilità penale per omicidio colposo e di responsabilità civile per malasanità dovranno essere oggetto di attenta valutazione, tenendo conto delle modalità con cui è stato gestito il caso nei primi cruciali momenti di ricovero. In situazioni come questa, il diritto e la medicina devono operare in sinergia, per garantire giustizia alla vittima e ai suoi familiari, ma anche per rafforzare la fiducia dei cittadini nel sistema sanitario.
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