Inquadramento giuridico del “saluto fascista o romano” e della chiamata del “presente” nelle manifestazioni pubbliche, in base alla sentenza n. 16153/2024 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione.
L’attualità giuridica si concentra su una serie di episodi, alcuni dei quali già presenti nel passato, che richiamano alla mente il periodo fascista. Questi comportamenti, riproposti oggi in varie forme, hanno suscitato l’interesse degli operatori del diritto riguardo al loro inquadramento normativo, considerando anche le diverse interpretazioni fornite dalla giurisprudenza.
In particolare, la questione verte sul cosiddetto “saluto fascista o romano” e sulla pratica della chiamata del “presente” durante alcune manifestazioni, che possono essere strutturate in modi diversi, come funerali di cameristi, celebrazioni di eventi storici o commemorazioni.
Esistono due normative di riferimento attraverso le quali tali comportamenti possono essere analizzati. Innanzitutto, l’articolo 5 della legge 20 giugno 1952, n. 645, comunemente nota come Legge “Scelba”, che sanziona le “manifestazioni fasciste”, definendo come tali quelle compiute da chiunque partecipi a riunioni pubbliche e compia gesti tipici del disciolto partito fascista o delle organizzazioni naziste. Questa normativa mira a prevenire la ricostituzione del partito fascista e la diffusione dell’ideologia fascista attraverso gesti simbolici o manifestazioni pubbliche.
Il secondo riferimento normativo è rappresentato dall’articolo 2 del decreto legge 26 aprile 1993, n. 122, convertito in legge con modificazioni dalla legge 25 giugno 1993, n. 205. Questo articolo, riguardante “Disposizioni di prevenzione”, sanziona coloro che durante riunioni pubbliche compiono gesti esteriori o mostrano simboli appartenenti a organizzazioni, associazioni, movimenti o gruppi aventi fini discriminatori o incitatori alla violenza per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi.
La giurisprudenza, analizzando le modalità in cui tali attività vengono svolte, ha rilevato che sebbene queste situazioni possano sovrapporsi, esse sono distinguibili tra loro e pertanto riconducibili alle due normative in modo diverso. Si sottolinea che mentre l’articolo 5 della Legge “Scelba” è orientato verso il pericolo concreto di riorganizzazione del partito fascista, le diverse situazioni devono essere valutate per determinare in che misura siano riconducibili a una mera evocazione del passato fascista o se presentino elementi più gravi.
Di conseguenza, la Corte Suprema ha elaborato un punto di diritto che stabilisce che la condotta consistente nella risposta alla chiamata del “presente” e nel saluto fascista o romano, tenuta durante una riunione pubblica, integra il reato previsto dall’articolo 5 della Legge “Scelba” se vi è un concreto pericolo di riorganizzazione del partito fascista. Inoltre, tale condotta può configurare anche il reato previsto dall’articolo 2, comma 1, del decreto legge n. 122 del 26 aprile 1993, se considerata nel contesto più ampio e se espressiva di manifestazioni proprie o usuali di organizzazioni aventi fini discriminatori o incitatori alla violenza.
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