Decreto penale di condanna: il GIP che ha rigettato la richiesta per mancata contestazione di un’aggravante non può pronunciarsi di nuovo sulla nuova richiesta avanzata dal PM.
L’art. 34, comma 2, c.p.p. è stato dichiarato costituzionalmente illegittimo “nella parte in cui non prevede che il giudice per le indagini preliminari, che ha rigettato la richiesta di decreto penale di condanna per mancata contestazione di una circostanza aggravante, sia incompatibile a pronunciare sulla nuova richiesta di decreto penale formulata dal pubblico ministero in conformità ai rilievi del giudice stesso“.
La Corte Costituzionale, con sent., 21 gennaio 2022, n. 16, ha preso posizione sulla compatibilità della norma rispetto agli artt. 3 e 24 Cost. giungendo a definire il principio sopra citato.
Il caso deriva da una vicenda in cui un GIP, chiamato dal pubblico ministero ad emettere decreto penale di condanna nei confronti di una persona imputata del reato di guida in stato di ebbrezza, aveva rigettato la richiesta in ragione della mancata contestazione di una circostanza aggravante (l’avere l’imputato provocato un incidente stradale), la cui sussistenza era però desumibile dagli atti di indagine. Conseguentemente, il pubblico ministero aveva formulato una nuova richiesta di decreto penale, recante la contestazione dell’aggravante, sulla quale il rimettente dovrebbe pronunciarsi.
La mancata previsione, da parte dell’art. 34, comma 2, c.p.p., dell’incompatibilità del giudice, in tale ipotesi, farebbe contrastare la norma censurata con gli artt. 3 e 24 Cost., per violazione del principio di parità di trattamento e del diritto di difesa, sotto due distinti profili: da un lato, infatti, il provvedimento di rigetto della precedente richiesta di decreto penale comporterebbe una valutazione di merito circa l’idoneità delle risultanze probatorie a fondare un giudizio di responsabilità dell’imputato, essendo implicito in esso il riconoscimento, non solo della sussistenza del fatto, ma anche di un’aggravante non contestata; dall’altro lato, il rigetto della richiesta di decreto penale comporta la restituzione degli atti al p.m., con la conseguenza che la riproposizione della richiesta aprirebbe un nuovo giudizio, che dovrebbe essere necessariamente demandato a un diverso giudice.
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